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Sacralità e mistero alla Pietra di Bismantova

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Un erto sasso scosceso, massiccio, roccioso, isolato.
E’ questa la fotografia della Pietra di Bismantova, monte dal caratteristico profilo di nave che contraddistingue il paesaggio dell’Appennino reggiano.

Un chilometro di lunghezza, 240 metri di larghezza, 1041 metri di altezza, l’imponente sasso che svetta tra le colline rappresenta un interessante esempio di erosione residuale.

La sua formazione risale al periodo del Miocene medio inferiore (suppergiù 15 milioni di anni fa) quando l’attuale area della Pianura Padana e del limitrofo Appennino non era altro che un ambiente marino di basse profondità a clima tropicale.

Questo dente di roccia così particolare è in realtà uno degli ultimi brandelli di una vasta placca arenacea segnata da faglie e fratture, plasmata dall’erosione.
Un’opera di lenta disgregazione tutt’ora in atto e resa particolarmente intensa negli ultimi secoli: molti dei massi che giacciono ai piedi della Pietra si sarebbero staccati in epoca recente, attorno al XVII secolo nel corso della “piccola era glaciale”.

L’interesse geologico per questo erto monte non basta a raccontarne il fascino e la specificità: così unico nel paesaggio in cui è immerso, è divenuto emblema dell’Appennino reggiano sin dall’antichità.

L’etimologia del toponimo Bismantova potrebbe essere collegata al suo ruolo di montagna sacra: una delle ipotesi più accreditate si rifà all’etrusco man (pietra scolpita) e tae (altare per il sacrificio), ma non si può escludere l’ipotesi dell’origine celtica, da vis (vischio), men (luna), tua (raccolta notturna).

Dal punto di vista documentale sono emerse tracce di frequentazione della Pietra risalenti al Paleolitico superiore e sul pianoro di Campo Pianelli sono state rinvenute tracce di un abitato risalente all’età del Bronzo appartenente alla cultura delle terramare.

Cantata da Dante nei versi della Commedia (Purgatorio, IV, 26), la Pietra di Bismantova ha rappresentato nei secoli il luogo ideale per la meditazione e la preghiera, come abbiamo visto, con rito pagano prima, cristiano poi conservandosi sostanzialmente inalterata nei secoli dal punto di vista dell’intervento antropico.

L’unica traccia della presenza dell’uomo su questo monte impervio è rappresentata dall’Eremo benedettino che conserva al suo interno preziosi affreschi quattrocenteschi e il Santuario, collocato nei pressi della cima.
Numerosi sono i sentieri che, a piedi o a cavallo, conducono a questo luogo di silenzio e meditazione dove ogni domenica viene celebrata la Santa Messa.

Negli ultimi decenni del ‘900 l’abbandono delle montagne con la connessa dismissione della silvicoltura, ha causato la proliferazione incontrollata della vegetazione che nasconde sentieri e porzioni di roccia, per questo sono previste operazioni di cura dei boschi e diradamento selettivo per rendere nuovamente visibile, anche da lontano, la corrusca roccia nuda, paradiso per gli appassionati di arrampicata sportiva.

In conclusione, ci ritagliamo un angolino dedicato al mistero che la Pietra di Bismantova esercita da millenni.

Secondo la leggenda popolare sarebbe la Pietra Indiavolata abitata dal demonio in persona e se questa informazione risuona di atmosfere decisamente medievali, il moderno misticismo new-age riporta cronache di singolari sfere di luce che diversi rocciatori sostengono di aver visto aleggiare sopra la Pietra, per questo accomunata alla Devils Tower del Wyoming (già famosa come location di “Incontri ravvicinati del terzo tipo”).

Secondo le rilevazioni effettuate dal team di Nicola Tosi, del Progetto Uap – Unidentified Aerial Phenomena – Italia, alcune sorgenti luminose, visibili solo agli infrarossi, sarebbero state rilevate scientificamente tanto da rendere Bismantova e la zona dell’Appennino reggiano e modenese, area di interesse speciale.

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