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L’ultima frontiera

• VALLI DEL PASUBIO

Salendo in auto verso l’imboccatura della Strada militare delle 52 Gallerie si notano alcuni ristoranti tipici che vale la pena prendere in considerazione, scrivendoli nell’elenco delle cose da fare, magari in occasione di un pranzo della domenica.

Qui il piatto forte sono i bigoi co’ l’arna, il sugo d’anatra, un must have della cucina vicentina.

Se la divagazione è d’obbligo, i nostri passi ci conducono infine al parcheggio che prelude il sentiero che è il principe dei percorsi nelle Prealpi Venete.

Quello che oggi è uno sfidante itinerario per trekker fu concepito come ardita via militare:  la Strada della Prima Armata, realizzata nel 1917 (da marzo a novembre), abbraccia il massiccio del Pasubio. Un percorso di sei chilometri, di cui due e mezzo distribuito nei cinquantadue cunicoli scavati nella montagna.

Un progetto di folle ingegneria che porta all’estremo la strategia militare che impose la costruzione di un avamposto armato qui, tra le guglie dolomitiche, sul versante più esposto all’artiglieria austro-ungarica.

In caso di sfondamento, gli austroungarici avrebbero potuto scendere facilmente fino a Venezia, aggirando lo stallo che gli italiani imponevano sul Piave. Da qui la necessità di insistere sul terreno oltremodo impervio. Su una montagna da eremiti.

Il percorso si conclude al rifugio Papa, incastonato nella roccia, ciò che resta dell’accampamento di baracche che – per anni – diede asilo ai militari. Avendo tempo (e gambe) l’escursione prosegue fino alla Cima Palon, il punto più alto del massiccio (a 2232 metri) e approda al Dente Italiano, l’avamposto. L’ultima frontiera.

Complice la stanchezza, la leggerezza dell’inizio della giornata è svanita: su questa montagna – dal 1915 al 1918 – trovarono la morte 4500 persone. I panorami, i denti seghettati, le nuvole che incontrando la roccia verticale si impennano nel cielo nel mezzogiorno d’agosto, lasciano intuire i geli dell’inverno, il buio, le algide stelle.

Un combattente austriaco definì la conca dietro al Papa “la caldaia delle streghe”, una sezione di fronte in cui “il vivere fu ben più duro che il morire”.

 

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