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I fasti delle cascine padane

• SOMAGLIA

Perduti nei dorati torpori della campagna lodigiana, gli antichi borghi nascondono e dimenticano i fasti del passato sotto le vesti di una borghese modernità.

Luoghi da sempre produttivi che sull’agricoltura ad alta intensità hanno costruito la propria fisionomia. La cascina padana riassume quel mondo fatto di nebbie e fango d’inverno, di afa e polvere delle foglie di mais nelle calure estreme dell’estate.

Fatto salvo qualche dettaglio stilistico che influisce sugli aspetti più marginali, la cascina padana si presenta uguale a se stessa in tutta l’ampia dispersione della valle del Po.

Attorno a uno spiazzo vastissimo, un po’ cortile da razzolanti un po’ foro, si organizzano le strutture della produzione: gli alloggi dei braccianti, le stalle, i magazzini degli attrezzi e del fieno, i pollai e i porcili. A volte, nelle cascine più grandi, per il conforto delle anime, si costruisce un oratorio. Ed ecco che la cascina diventa villaggio, il cortile si tramuta in piazza, la casa padronale si ammanta di quel senso di autorità proprio delle piccole corti.

In trasparenza, emerge la filigrana del medioevo feudale dove signori e contado condividevano i benefici del vivere comune, dello sfruttamento delle risorse che – al di là di un breve confine antropizzato – divenivano subito silvestri.

Così scrive il giornalista Mario Borsa:

Nascere in una cascina sperduta nella quiete riposante della natura vuol dire imparare a vivere con te stesso in un raccoglimento fatto della beata ignoranza del gran mondo, mentre la grande città ti porta fuor di te e ti getta… nella pochezza della folla anonima. Insomma chi nasce in una cascina della nostra Bassa si porta dentro per tutta la vita una eredità che un cittadino non può né ricevere né trasmettere, un’eredità fatta di sentimenti e sensazioni, di colori e di calori. La mia anima è fatta di questi tesori…

La dimora dell’infanzia, in questo caso, è Cascina Fittarezza, nei dintorni di Somaglia. Un paese che come decine di altri tra le province di Lodi, Piacenza, Cremona, Mantova, condivide un rapporto strettissimo con il Po. 

Nello scheletro del borgo si leggono le glorie antiche: il maestoso Castello Cavazzi, alto sulla campagna; e – ancor più significativo – lo spiazzo antistante il castello: cortile, cascina e piazza d’armi. Questo cortile da scuderia era un tempo denominato “Piazza del Re” in memoria dell’irresistibile attrazione degli imperatori germanici per le assolate e polverose contrade padane.

 

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