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Di contrabbando e di volpi

• DUMENZA

Il confine che corre dietro la collina è nascosto dalla vegetazione e, costeggiando un prato selvaggio, scorgiamo le volpi correre nell’erba alta.

Al di là dei molti tratti densamente abitati, rotta incessante di frontalieri, vi sono alcuni punti del paesaggio tra Italia e Svizzera, certamente i più affascinanti, che conservano le originarie caratteristiche.

Remoti boschi, lo scheletro di qualche villaggio, strade strette, maltenute, senza guardrail, percorse da indigeni avvezzi ad ogni asperità a bordo di grossi mezzi o di immortali Panda.

Il territorio di Dumenza è vasto, poco abitato e rispecchia esattamente questa descrizione.

I borghi sparsi che punteggiano il territorio dumentino colonizzano un dolce falsopiano montuoso, appena qualche collina al di sopra del Lago Maggiore che, da più angolazioni, appare in un magnifico panorama azzurro, confuso tra i vapori.

È questo il volto più verace della storica frontiera tra Lombardia e Ticino, solcata fino a non molti anni fa dalle piste dei contrabbandieri. Un mondo che oggi rivive solo nelle parole dei vecchi, ragazzi al tempo delle ultime traversate compiute sotto il naso della Guardia di Finanza.

Ricordi che disegnano l’immagine di una Lombardia molto diversa da quella che conosciamo oggi, in cui la povertà della montagna era tanto grande da rendere redditizio lo svalico portando a spalla sacchi colmi di sigarette.

Un crimine delicato e ingenuo che si è consumato per secoli in queste terre smeraldine, in cui oggi si preserva l’immota quiete dei luoghi del riposo, del silenzio e della natura.

Qui, in assenza del meccanico tramestio del contemporaneo, si amplificano le voci dei viventi.

 

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