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Villa Badoer, dallo splendore palladiano ai moti carbonari

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Armati di thermos colmo di tè caldo abbiamo intrapreso il viaggio del venerdì in direzione delle sperdute lande polesane, in una giornata benedetta dall’assenza di nebbia.

Siamo diretti a Fratta Polesine per visitare l’unico sito Unesco della provincia di Rovigo, Villa Badoer.

Familiarmente nota come “La Badoera”, la villa fu commissionata al grande architetto vicentino Andrea Palladio dal “Magnifico Signor Francesco Badoero”, discendente di un’illustre famiglia della Serenissima che aveva ricevuto in eredità il fondo frattese in seguito al matrimonio con Lucetta Loredàn.

Nella seconda metà del XVI secolo era di moda, tra l’aristocrazia veneziana, volgere lo sguardo ad ovest, verso i vasti possedimenti agricoli dell’entroterra. Un costume dal quale scaturì l’esigenza naturale di organizzare un presidio di lusso per l’amministrazione delle proprietà terriere.

Simbolo di prestigio e ricchezza, la villa progettata nel 1554 e costruita negli anni che vanno dal 1556 al 1563, si colloca dunque nel fondo bonificato della Vespara, nel luogo in cui sorgeva l’antico castello di “Salinguerra da Este”.

Al centro di un vasto prato cinto da due barchesse protese a semicerchio che accolgono il visitatore al suo arrivo, l’edificio residenziale è caratterizzato dalle volumetrie semplici e classicheggianti, firma del Palladio. Un monumentale pronao a frontone sormonta la maestosa scalinata a tre rampe.

L’interno e le sale del piano nobile sono affrescate – come ricorda lo stesso Palladio in uno dei suoi libri – dal Giallo Fiorentino che si sbizzarrì in fantasiose grottesche, più che adatte ad ingentilire il soggiorno estivo dei proprietari.

La villa, a differenza della maggior parte della produzione palladiana, si trova inserita in un contesto urbano e appare incastonata armonicamente nell’ambiente circostante, maestosa e rialzata sul suo basamento.

Se ai tempi d’oro della Serenissima le vie di comunicazione favorite erano quelle fluviali, Villa Badoer aderisce al canone: è infatti lambita dallo Scortico, un canale navigabile che conduce, oggi come allora, all’Adige e a Venezia.

Sebbene “La Badoera” sia certamente la villa più nota, la località di Fratta Polesine ospita una decina di abitazioni signorili di tutto rispetto che vale la pena visitare. Si tratta, infatti di un luogo favorito dalla nobiltà e dall’alta borghesia polesana e veneziana di idee liberali, che annoverò molti oppositori al governo austroungarico. Un episodio in particolare merita di essere narrato: il giorno di San Martino del 1818, Fratta Polesine fu teatro della tragedia dei “Carbonari della Fratta”, primo esempio di repressione da parte austriaca della aspirazioni di indipendenza nazionale. Durante la serata dell’11 novembre, i Carbonari riuniti nella Villa Grimani Molin (oggi Avezzù Pignatelli, adiacente a Villa Badoer) furono arrestati dalle milizie imperiali nel corso di una retata indiscriminata. Processati per alto tradimento, furono condannati al carcere duro e condotti allo Spielberg.

Ancora oggi la Città di Fratta Polesine ricorda l’evento con rievocazioni storiche e mostre.
Inoltre, a poche decine di centimetri sotto i compìti e curati giardini degli abitanti di questa quieta località veneta, si trovano i passaggi segreti e i cunicoli utilizzati dai Carbonari.

Più recentemente Fratta Polesine si è fatta depositaria della memoria di Giacomo Matteotti, nato nella località rodigina nel 1885 e ucciso il 10 giugno 1924 per aver denunciato i brogli elettorali di Mussolini.

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